Ascoltando il podcast "17 BUONE RAGIONI - Idee per vivere l’Agenda 2030," ho potuto conoscere il Progetto Viviamo Mantova che lavora per creare una città sostenibile e accessibile e abbattere le barriere relazionali e sociali.
Sono stata colpita dal loro motto: “UNA PLURALITA’ DI SOLITUDINI NON FA DI UNA SOCIETA’ AL CONTRARIO RESPONSABILITA’ E SOLIDARIETA’ FANNO UNA SOCIETA’ VALIDA” e ho deciso di approfondire la tematica della solitudine.
Per combattere la solitudine non basta moltiplicare le iniziative per uscire dall’isolamento. Bisogna anche cambiare la nostra mentalità e adottare nuovi comportamenti per non sentirsi soli e tristi.
Potremmo definire la solitudine come quella sensazione di disagio che si manifesta quando abbiamo bisogno di affetto o compagnia, oltre che di appartenere a un nucleo sociale.
Nel nostro mondo iperconnesso, la solitudine sembrerebbe non esistere, invece l’utilizzo smodato dei social illude la mente, ma non sono affatto simbolo di socialità reale.
Come rivelano sondaggi e studi, gli individui che utilizzano maggiormente i social sono anche quelli con un senso più profondo di solitudine. L’isolamento sociale percepito è la sensazione di non avere contatti sociali desiderati.
Secondo una ricerca condotta presso l’Università di Chicago, la sensazione di solitudine innesca un meccanismo definito in psicologia ipervigilanza per minaccia sociale. Si attiva così un’inconscia attenzione all’autoconservazione, ovvero la tendenza alla maggiore sorveglianza del mondo sociale. Il risultato è un circolo vizioso di ritiro, in cui la persona sola diventa sempre più sospettosa, intensificando il proprio senso di isolamento.
In molti casi la solitudine si associa a sintomi depressivi, disturbi d’ansia e altre forme di malattia mentale. L’ ansia da solitudine è un fattore di rischio per malattie cardiache, diabete di tipo 2 e artrite. Soffrire di solitudine cronica può innescare risposte fisiologiche avverse come l’aumento della produzione di ormoni dello stress , ostacolare il sonno e provocare un indebolimento del sistema immunitario.
Molti di noi associano la solitudine alla vecchiaia, ma un nuovo studio ha scoperto che molte delle nostre supposizioni sono sbagliate.
La solitudine è infatti definita dalla discrepanza tra i nostri legami sociali desiderati e quelli reali, per questo motivo tende a raggiungere raggiunto il picco durante la giovane età adulta, tra i 20 e i 30 anni. Secondo lo studio la solitudine diminuisce durante la mezza età e si avvicina ai livelli dei trentenni nella fascia di popolazione di età superiore agli 80 anni (legata a fattori come l’assenza di un coniuge e le limitazioni funzionali dell’individuo)
L’isolamento involontario purtroppo produce anche un deterioramento dell’autostima.
Non dobbiamo però vedere la solitudine esclusivamente come un fattore negativo.
Nelle giuste circostanze, scegliere di trascorrere del tempo da solo può essere un enorme vantaggio psicologico.
La solitudine può essere uno stato di isolamento senza essere davvero soli. È uno stato di impegno positivo e costruttivo con se stessi. La solitudine è utile perché è un tempo che può essere utilizzato per la riflessione, la ricerca interiore e la crescita personale.
Dott.ssa Rosita Romano, laureata in psicologia