Mi siedo al PC per scrivere l'articolo della settimana. E' appena passato il 1° maggio, giorno della Festa dei lavoratori. Questa ricorrenza, importante da ricordare nel nostro quotidiano, ha una lunga
tradizione ed affonda le sue radici nelle battaglie operaie del lontano 1889,
volte soprattutto alla conquista di un diritto ben preciso: l'orario
di lavoro quotidiano fissato in otto ore. Oggi, nella maggior parte dei paesi
industrializzati questo obiettivo è stato raggiunto e sono state introdotte
svariate leggi a tutela dei lavoratori.
Nuove norme e regolarizzazione dell’orario
lavorativo, però, non sempre sono sufficienti a garantire il completo
benessere sul luogo di lavoro; è impressionante, ad esempio, la quantità di
risultati che appare digitando “incidenti
sul lavoro” su un qualunque motore di ricerca: un bollettino
di guerra che spesso passa inosservato; notizie che raccontano degli ordinari
drammi che interessano il nostro Paese, da Nord a Sud, i diversi settori
lavorativi e le svariate fasce d'età.
Esiste, però,
anche una ferita più nascosta, meno visibile di un arto ingessato ma di una gravità
tale da rischiare di compromettere l’integrità della persona: il disagio psicologico-lavorativo.
La soddisfazione sul lavoro è
strettamente connessa al benessere
psicofisico di un individuo; pertanto, la
sindrome da disagio psicologico-lavorativo
si manifesta in condizioni di un malessere suscitato dalle
caratteristiche della attività stessa o delle relazioni interpersonali.
In genere, i
sintomi sono di tipo psicosomatici (insonnia, colite, debolezza, ecc.) o ansioso-depressivi
(burn out, o esaurimento emotivo; stress lavorativo, caratterizzato da sovraccarico,
monotonia, mancanza di gratificazione, controllo ed eccessive responsabilità, e,
ancora, mobbing o abusi psicologici); nei casi più gravi,
si può addirittura arrivare a parlare di disturbo
da stress post-traumatico.
Dal momento
che le conseguenze sulla salute dell’individuo si ripercuotono anche sulle
relazioni interpersonali e sulla vita sociale, l’inserimento della figura
di uno psicologo sul luogo lavorativo sarebbe necessario.
Lo
spazio d’ascolto, che
non ha fini
terapeutici, comporta infatti vantaggi consistenti sia per
il lavoratore, che per l’azienda stessa: il lavoratore, infatti, non resta da solo nel suo disagio e, grazie al sostegno dello psicologo,
acquisisce consapevolezza circa l’origine del proprio stress ed apprende alcuni
strumenti per imparare a fronteggiarlo.
Questo
servizio, inoltre, supporterebbe le aziende in questo periodo di crisi, poiché comporterebbe
una consistente riduzione dei costi legati all’assenteismo, al turnover,
alla bassa produttività ed agli infortuni:
un lavoratore più sereno, infatti, è
più attento e meno esposto agli incidenti.
Lo
spazio d’ascolto nelle aziende, dunque, è tanto utile quanto sottovalutato ed è
un diritto per il quale
combattere oggi.
Anche il Centro Studi Creativamente, a modo suo, attiva saltuariamente dei progetti legati al benessere rispetto alle condizioni di lavoro. In particolare, si adopera per sostenere i disoccupati per la redazione del curriculum vitae in una formula accattivante.
Anche il Centro Studi Creativamente, a modo suo, attiva saltuariamente dei progetti legati al benessere rispetto alle condizioni di lavoro. In particolare, si adopera per sostenere i disoccupati per la redazione del curriculum vitae in una formula accattivante.