mercoledì 13 marzo 2024

DONNE, DIRITTI, PARITA’ DI GENERE…

Celebrata la Festa della Donna, vogliamo continuare a parlare di diritti e di parità di genere. Ne sentiamo parlare continuamente, tematica calda in tv, giornali, internet. Come raggiungerla? Obiettivo primario sarebbe quello di imparare a differenziare e a comprendere i diritti, rispettando la diversità.

In una delle puntate del podcast "17 BUONE RAGIONI - Idee per vivere l’Agenda 2030, vengono presentati i progetti dell’associazione di promozione sociale Rumorossǝ che promuovono la parità di genere, fornendo uno spazio dove le donne possono essere se stesse senza dover aderire a stereotipi predefiniti.
L’associazione collabora con i centri antiviolenza dove vengono abbinati percorsi di tutela legale/psicologico e percorsi di riconoscimento all’affettività. Un punto di ri-partenza per donne vittime di violenza sessuale o domestica, che attraverso attività e laboratori, che vedono coinvolte donne di 9 etnie differenti, riprendono ad essere se stesse e si aiutano a vicenda.

Le testimonianze delle volontarie mi hanno fatto nascere la domanda: COME POSSIAMO SVOLGERE AL MEGLIO IL NOSTRO RUOLO DI PSICOLOGI? 
Mi sono così imbattuta in un articolo di Alessandra Serio dal titolo: “Debellare lo stigma dell’etichettamento: da vittima a sopravvissuta”.
Bisogna innanzitutto comprendere la cultura sottostante i comportamenti alla base della violenza di genere, come nel tempo è cambiato il ruolo della donna e dell’uomo e come si sono modificati di conseguenza i rapporti di coppia.
Per sconfiggere la violenza di genere bisognerebbe educare al rispetto reciproco informando e formando ambo i sessi, attivando una comunicazione di confronto efficace sia sui punti di forza che di debolezza e riconoscendosi pari dignità. Gli stereotipi (donne-sesso debole/uomini-virilità) generano etichette sociali.
La stessa parola “vittima”, in riferimento ad una donna che subisce violenze e/o maltrattamenti, rimanda ad un’idea di passività ed impotenza. Nei centri antiviolenza è importante stabilire una comunicazione che miri a non “ritraumatizzare” la donna e quindi formulare cautamente le domande e evitare termini come ad es.”vittima” sostituendola con la parola “sopravvissuta”.
In questo modo infatti, oltre ad evitare l’effetto stigmatizzante e statico del termine “vittima”, si passerebbe ad una concezione dinamica, che possa agevolare una “rinascita”, aiutando la donna a riscoprire a sé stessa e quali risorse interne ed esterne utilizzare per reagire al meglio. Questo termine inoltre mette in evidenza la volontà delle donne di reagire e riprendere in mano la propria vita.

Riscoprire la resilienza, cioè un adattamento positivo che consenta di superare eventi traumatici e/o stressanti inducendo il soggetto al pensiero positivo, per rendere possibile il cambiamento organizzando la propria vita in modo più autentico. Per aumentare la resilienza una pratica efficace, secondo il mio parere, è la pratica della meditazione. Metodo valido per favorire relax, connessione di corpo e mente e agevolare lo sviluppo di qualità positive e la volontà di migliorare la propria persona. 

Dott.ssa Rosita Romano, laureata in psicologia