martedì 2 maggio 2017

(IN)SODDISFAZIONE LAVORATIVA

Mi siedo al PC per scrivere l'articolo della settimana. E' appena passato il 1° maggio, giorno della Festa dei lavoratori. Questa ricorrenza, importante da ricordare nel nostro quotidiano, ha una lunga tradizione ed affonda le sue radici nelle battaglie operaie del lontano 1889, volte soprattutto alla conquista di un diritto ben preciso: l'orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. Oggi, nella maggior parte dei paesi industrializzati questo obiettivo è stato raggiunto e sono state introdotte svariate leggi a tutela dei lavoratori.
Nuove norme e regolarizzazione dell’orario lavorativo, però, non sempre sono sufficienti a garantire il completo benessere sul luogo di lavoro; è impressionante, ad esempio, la quantità di risultati che appare digitando incidenti sul lavoro su un qualunque motore di ricerca: un bollettino di guerra che spesso passa inosservato; notizie che raccontano degli ordinari drammi che interessano il nostro Paese, da Nord a Sud, i diversi settori lavorativi e le svariate fasce d'età. 
Esiste, però, anche una ferita più nascosta, meno visibile di un arto ingessato ma di una gravità tale da rischiare di compromettere l’integrità della persona: il disagio psicologico-lavorativo.
La soddisfazione sul lavoro è strettamente connessa al benessere psicofisico di un individuo; pertanto, la sindrome da disagio psicologico-lavorativo si manifesta in condizioni di un malessere suscitato dalle caratteristiche della attività stessa o delle relazioni interpersonali.
In genere, i sintomi sono di tipo psicosomatici (insonnia, colite, debolezza, ecc.) o ansioso-depressivi (burn out, o esaurimento emotivo;  stress lavorativo, caratterizzato da sovraccarico, monotonia, mancanza di gratificazione, controllo ed eccessive responsabilità, e, ancora, mobbing o abusi psicologici); nei casi più gravi, si può addirittura arrivare a parlare di disturbo da stress post-traumatico.
Dal momento che le conseguenze sulla salute dell’individuo si ripercuotono anche sulle relazioni interpersonali e sulla vita sociale, l’inserimento della figura di uno psicologo sul luogo lavorativo sarebbe necessario.
Lo spazio d’ascolto, che non ha fini terapeutici, comporta infatti vantaggi consistenti sia per il lavoratore, che per l’azienda stessa: il lavoratore, infatti, non resta da solo nel suo disagio e, grazie al sostegno dello psicologo, acquisisce consapevolezza circa l’origine del proprio stress ed apprende alcuni strumenti per imparare a fronteggiarlo.
Questo servizio, inoltre, supporterebbe le aziende in questo periodo di crisi, poiché comporterebbe una consistente riduzione dei costi legati all’assenteismo, al turnover, alla bassa produttività ed agli infortuni: un lavoratore più sereno, infatti, è più attento e meno esposto agli incidenti.
Lo spazio d’ascolto nelle aziende, dunque, è tanto utile quanto sottovalutato ed è un diritto per il quale combattere oggi.

Anche il Centro Studi Creativamente, a modo suo, attiva saltuariamente dei progetti legati al benessere rispetto alle condizioni di lavoro. In particolare, si adopera per sostenere i disoccupati per la redazione del curriculum vitae in una formula accattivante.